Ti dimentichi questo documento sulla scrivania nel posto di lavoro | Attenzione, sarai denunciato per truffa
Alcuni gesti non si dovrebbero mai dimenticare: se non fai questo ogni volta potresti rischiare una denuncia per truffa.
Negli ultimi anni, specialmente a partire dal biennio della pandemia in poi, il mondo del lavoro sembra stare virando verso una nuova concezione degli spazi e dei tempi del dipendente e non solo.
Lo smart working sta diventando un diritto quasi irrevocabile del lavoratore: in sede di colloquio è ormai una domanda fissa da parte del futuro dipendente quella riguardante il numero di giorni in presenza e quello che, invece, è consentito per utilizzare i giorni di smart.
In molti casi, infatti, lo smart working può essere utile: è possibile, in pausa pranzo, fare delle commissioni, oppure in qualunque momento della giornata accogliere il fattorino e prendere eventuali pacchi. I vantaggi sono moltissimi, e anche per l’azienda è piuttosto vantaggioso visto che gli edifici hanno bisogno di minore energia per essere mandati avanti, dovendo accogliere meno persone.
Nonostante le molte innovazioni, ci sono ancora tante aziende che prevedono un utilizzo serrato del badge: nello specifico in molti enti pubblici. Si tratta del documento che va a identificare il dipendente e che, in base agli orari in cui viene timbrato, trasmette le ore lavorative e la sua presenza sul posto di lavoro. Questo documento, però, ha un valore molto più importante rispetto a quanto ci aspetteremmo.
L’importanza del badge: non dimenticarlo mai
Se si è dipendenti pubblici si deve fare molta attenzione al proprio badge, ancora più che se si è impiegati presso una azienda di tipo privato. Per comprendere meglio cosa potrebbe accadere è bene analizzare un caso che vede protagonista il direttore di un mercato comunale.
In questo caso i giudici chiamati ad applicare la legge hanno stabilito che il direttore del mercato ortofrutticolo all’ingrosso ha ingannato la pubblica amministrazione, falsificando le ore effettive di lavoro: egli, infatti, non ha detratto le pause caffè e i momenti in cui si è recato presso la propria abitazione durante la pausa pranzo.
Una truffa ai danni dell’amministrazione pubblica
La Suprema Corte in questo caso ha sottolineato che la manipolazione dei dati relativi alla presenza sul luogo di lavoro – ovvero il distorcere le ore di lavoro effettive – costituisce truffa aggravata, poiché porta a ricevere un compenso senza fornire una prestazione effettiva, anche se si tratta di piccole somme.
Nel caso specifico del direttore del mercato comunale il danno è stato quantificato in 900 euro.